Si chiama Pietro


Quante volte ci è capitato di prestare qualcosa, dal libro alla camicetta a fiori, dal dvd alla caffettiera con la bandiera inglese, ma quante volte l'oggetto in questione ci è stato restituito?



Ricordo molto bene la prima volta in cui qualcuno mi ha riferito l'invito alla restituzione dell'oggetto prestatomi. Una mattina come tante alle scuole elementari avevo dimenticato la biro nera, lo dissi alla maestra Antonella che mi prestò la sua: "Si chiama Pietro". 
Da brava bambina piena di creatività credevo che la maestra che ci faceva leggere racconti meravigliosi avesse applicato alla propria vita un po' di finzione facendo sentire più vivo il suo astuccio Smemoranda denominando ogni biro, gomma o temperino. La cosa mi piacque parecchio e scrivendo il dettato quella mattina credetti di avere trovato anche un nuovo amico di nome Pietro. 
L'incanto finì quando dovetti restituire la biro, la maestra sorridendo ripeté: "Si chiama Pietro... e torna indietro". Mi sorsero i dubbi che forse Pietro non era un nome esclusivo per biro nere. 

Quella mattina imparai questo detto popolare che ho scoperto avere traduzioni anche in altre lingue europee, dato che evidentemente siamo tutti accomunati da scatti improvvisi di cleptomania quando tra le nostre mani si trova qualcosa che non ci appartiene. 
Quando mi viene affidata una proprietà altrui mi coglie sempre quella leggera ansia che mi costringe in pensieri disastrosi: "E se poi lo perdo?", "E se poi lo rovino?", "E se poi una gazza ladra in picchiata se lo porta nel nido?", insomma cose di questo tipo. Mi rendo conto di essere un po' pazza dato che quando ho prestato delle cose, nel mio caso, due libri, essi non mi sono mai più ritornati indietro, lampante dimostrazione di quanto l'ansia che tange me non esiste per questi individui. 
Mi sono convinta che questi smemorati vivano con più leggerezza di noi che ci facciamo mille scrupoli o problemi, tuttavia non riesco a tenere un oggetto che so di dovere restituire, perché? Perché non posso dargli un nome, non posso chiamarlo Pietro, Giovanni, Roberta o Guendalina se un'altra persona prima di me ha avuto questo onore. Chissà se pensando in un'ottica del genere anche i cleptomani di oggetti altrui riusciranno a guarire.

Approfitto di questo articolo per fare un ANNUNCIO:

Mancano ancora dalla mia libreria: un libro di racconti di Pier Vittorio Tondelli e il libro di quiz della patente (non si sa mai che un giorno mi venga la voglia di rifare qualche quiz).






Nel caso chi abbia i miei libri si trovasse in Francia il messaggio che invio è il seguente: il s’appelle revient, “si chiama Ritorna”.

Nel caso si trovasse in Spagna: es de Huelva, cioè “viene da Huelva”, che si pronuncia come de vuelva, cioè "di ritorno", dal verbo volver, "tornare".

Nel caso si trovasse in Olanda, poi la smetto altrimenti sembro davvero una disperata, gli ricordo il proverbio: lenen doet wenen, “se presti qualcosa, finirai per piangere”.

La prossima volta che vi verrà chiesto di prestare qualcosa vi consiglio d'installare sull'oggetto un microchip, così potrete andarlo a recuperare quando vorrete sapendo con certezza dove si trova. 

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